da Radio Emilia Romagna

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Nella sua nuova raccolta di versi, la poetessa Monica Guerra esplora il mondo circostante con la forza dello sguardo che sa andare oltre le mura dell’apparenza. Un invito a “srotolare le ciglia” e a “scompigliare i nidi”, perché “sollevarsi è infilare l’onda nel canto di ogni voce”, nonostante gli ostacoli. Ringraziamo per la lettura Alessandra Ambrogi e l’associazione “Legg’io”.

Vittorio Ferorelli

ph. di Virginia Morini

Blog Assaggialibri

Blog Assaggialibri

Su Entro fuori le mura (Arcipelago Itaca, 2021)
dal blog di Assaggialibri Associazione Culturale

presto verrà l’autunno avvertivi
lasciando la mia mano sopra i nidi
d’agosto sorridevi
alla resa improvvisa dei germogli

lo sapevamo entrambe com’è giusto
è così che una sera d’un tratto
la nebbia d’autunno
addolcisce lo sgombero dei nidi

– ora che i corridoi sono quasi muti
la tua stanza sempre in ordine –

non è più la stagione dei germogli
ma l’arco fiorito delle tue ali ridevo
com’è giusto in mano
alla spina dei giorni disabitati

a Virginia (Ottobre, 2018)

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Da Fare Voci

Da Fare Voci

Fare Voci luglio-agosto 2021

Il nostro è un tempo che si misura con difficoltà. Troppo caotico per accettare facili codifiche, troppo esile per sostenere una propria identità, poco sincero per dire qualcosa di determinato.
In questa incertezza, che si manifesta con malessere e confusione, riuscire a trovare dei riferimenti diventa impegno prezioso e lavoro non più rimandabile.
E la poesia può essere uno strumento preciso, voce che documenta e rivela, che mette in evidenza e indica le verità necessarie con cui avere a che fare.
Monica Guerra, con la sua nuova raccolta “Entro fuori le mura”, è stata capace di immergersi in tutto questo e di trovare, con queste sue significative pagine, un raccontare autentico.
Da subito è chiara nel suo intento, a partire dal titolo della prima sezione del libro, “La misura del vuoto”.
Perché è questo che il suo scrivere dice, di un vuoto e di una solitudine che sono diventati la dimensione principale in cui l’essere umano, nel proprio giorno, ha messo oramai radici profonde.
Da qui la necessità di trovare con la poesia il nervo di ogni cosa, per potere essere più possibile aderente all’umano accadere, proprio “mentre l’altalena/ umana si misura le dita”, il luogo esatto dove “qui il volto muore da solo”. E sottotraccia c’è sempre il bisogno di un nido, protezione e parola che in questa apertura di “Entro fuori le mura” ritorna spesso.
La prima considerazione non ha possibilità di fraintendimenti: “è la vita / la liturgia per andare in pace”.
Il ‘dove’ che contiene questo suo focalizzare è una geografia ampia: Mosca, gli Stati Uniti, il Parco Bucci della sua Faenza, Venezia, ma anche luoghi di comunicazione come il telegiornale e instagram.
Una mappa di “Istantanee” che ci fa accorgere che ovunque qualcosa si è già rotto, in un fuori campo dove puoi trovare “fra un saliscendi e l’altro/ un buco – tutto il vuoto necessario –“, quando “la voce si spezza con il pane” e puoi solo ripeterti che “stare assieme è il ghiaccio/ sul fondo di questo bicchiere”.
Monica Guerra si rende conto che il contenuto di queste sue pagine è anche un fare i conti con il nostro presente, il tentativo di ‘asciugarlo’ in pensieri e considerazioni, per uscire da “La paralisi del giorno”.
Perché c’è il bisogno di non rimanere inermi, di continuare a nutrire l’incontro, sapere che “la verità freme libera/ in una tana disabitata”. Di certo c’è un prezzo da pagare, per impegnarsi in questa ricerca, per arrivare a toccare l’umano che ancora rimane e che cerca di difendersi. Soprattutto quando ci si rende conto che si può essere “sempre vicino qualcosa/ qualcosa che poi non succede”, riconoscendo “sotto le ciglia – la piaga dell’attesa –“.
Ma c’è sempre un qualcosa che rimane, che resiste, che trova nella sua ‘durata’ l’espressione più vicina a ciò che può essere per ognuno di noi il vivere nel ‘qui e per sempre’.
È l’attimo perfetto che non può consumarsi, l’accensione di ciò che è perpetuo, il momento esatto di ogni origine: “in questo cono d’ombra/ non arriva mai nessuno// – eppure/ un calpestio –“.
Monica Guerra riconosce questa sorgente, la pone all’evidenza del lettore, racconta che è un ‘perché’ di cui potersi fidare.
Di certo è un qualcosa di fragile e assoluto.  
Di certo è ‘entro fuori le mura’.

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