Sotto Vuoto (Il vicolo, 2016) 
prefazione Gianfranco Lauretano

Le poesie di Monica Guerra sono fatte di poche, scelte parole. Nella sua voce conta molto lo spazio lasciato al silenzio, all’ascolto, alla sospensione: ad ogni componimento, spesso assai breve, quasi ad ogni verso, è come se ricominciasse da capo, ascoltando se stessa e il mondo di cui vuole parlarci. Da quando abbiamo avuto il privilegio di avere un poeta come Ungaretti che ha scritto nella nostra lingua, sappiamo bene cosa significa ciò: il poco serve a ritrovare un ampio valore. Quando un poeta scrive con parole limitate, dunque, sta cercando e donando una grande ricchezza; le sue parole sono come gli spiccioli per i poveri, un tesoro fortuito e stupendo. La metafora della pochezza e del centellinare viene detta più volte in queste poesie: «Da questo poco sospeso / tutto si fa chiaro e ogni cosa sta / nell’esattezza del proprio posto» afferma, guardando il mondo “dal terrazzo” (dove, si noti, il poco sospeso è ciò che rimette ogni cosa al suo posto); oppure, di fronte all’immensità della Russia, il paese più vasto della Terra e alle sue due sterminate capitali, non può che tornare a ricordare i suoi “minuscoli versi”: «Che non posso fare / a meno di bere dalle tue forme gioconde / un grano di bellezza / che i miei minuscoli versi / possano sgrondare / lungo le perle bianche della tua corrente». Ma è proprio a questo punto che la sua ricerca poetica, davvero molto seria e degna della massima attenzione, compie uno scatto ulteriore: nel mancamento stesso della parola e dell’altro da noi ritroviamo il massimo di noi stessi, nel bene e nel male.

Vincitore Primo Premio Giovane Holden 2017
Menzione alla XXI edizione del premio Lorenzo Montano

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